La malagestione dell'emergenza Covid in Lombardia
La morte di un uomo è una tragedia, la morte di milioni di persone una statistica. W. Churchill
Il 21 febbraio 2020 segna la data di inizio di un'emergenza sanitaria che ha sconvolto il nostro Paese. In un paesino in provincia di Lodi a 50Km da Milano viene individuato il primo paziente italiano portatore di coronavirus, si chiama Mattia e ha 38 anni, la storia dell'epidemia lo ricorderà come Paziente 1. Siamo ai tempi del governo Conte 2, che istituirà il 23 febbraio stesso la zona rossa intorno a Codogno, mettendo in quarantena 45mila persone che non potranno entrare o uscire dal perimetro.
In realtà il virus circolava già da tempo negli ospedali con pazienti ricoverati per bronchiti gravi che non reagivano alle normali terapie antibiotiche, pazienti che verranno diagnosticati successivamente come affetti dal virus. In questo periodo antecedente al cosiddetto Paziente 1 ufficiale italiano, per settimane l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nelle direttive indicava come pazienti a rischio solo se, oltre ai sintomi, rispondessero a un altro requisito, vale a dire “Storia di viaggi a Wuhan nei 14 giorni precedenti al ricovero”, direttive alle quali si attenne anche il nostro Ministero della salute. Di conseguenza, in questa fase i pazienti con disturbi alle vie respiratore che non avessero avuto contatti con la Cina non vennero sottoposti a tampone e poterono circolare liberamente.
Determinato il Paziente 1, il Ministero emanò il 22 febbraio 2020 una circolare con la quale venivano date indicazioni che ampliavano le possibilità di riscontro: contatto stretto con un caso probabile o confermato di infezione da SARS-CoV-2 oppure frequentazione in una struttura sanitaria dove sono stati ricoverati pazienti con infezione da SARS-CoV-2 e persone che manifestavano un decorso clinico insolito nonostante trattamento adeguato. E' evidente che “Paziente 1” è una definizione simbolica, in realtà non si sapeva quante persone avessero già contratto il virus.
Sempre il 22 febbraio Angelo Giupponi, direttore dell’Agenzia Regionale Emergenza Urgenza (AREU) di Bergamo, inviò un’email all’assessorato al Welfare della regione Lombardia, diretto da Giulio Gallera in quota Lega. Il medico sottolineava “l’urgente necessità di allestire degli ospedali esclusivamente riservati a ricoverati per Covid-19, così da evitare promiscuità con altri pazienti e quindi diffusione del virus nelle strutture ospedaliere”. La risposta dei dirigenti regionali all’allarme lanciato da Giupponi, come raccontato dal medico stesso, è stata di totale disinteresse.
Il 23 febbraio ad Alzano Lombardo viene individuato il primo caso di Coronavirus della bergamasca. L'ospedale viene chiuso ma, contrariamente da quello di Codogno, riaperto nel giro di poche ore. I pazienti, i sanitari, i familiari in visita all'ospedale in quei giorni non vengono sottoposti a tampone e lasciati circolare liberamente. Alzano Lombardo divenne tristemente noto come simbolo di uno dei momenti più duri della storia della Lombardia recente quando furono necessarie lunghe file di camion dell'esercito per trasportare le bare verso altre province.
Abbiamo ancora fresco il ricordo di quel'annuus horribilis, con il bollettino quotidiano dei morti e dei ricoverati in terapia intensiva, ma abbiamo altrettanto fresco il ricordo dell'inadeguatezza della risposta della Regione Lombardia in termini di gestione dell'emergenza.
Il 20 marzo quando, a un mese esatto dal Paziente 1, l'ospedale di Bergamo Papa Giovanni XXIII pubblica uno studio condiviso con la comunità scientifica, “Stiamo imparando che gli ospedali possono essere tra i maggiori trasmettitori del Covid-19 in quanto velocemente popolati da pazienti infetti, hanno facilitato la trasmissione ai pazienti non infetti. Il personale sanitario è portatore asintomatico o malato ma senza riscontro”. La conferma di quanto il Dr. Giupponi segnalò il 22 febbraio all'assessorato al Welfare facente capo a Gallera.
Da notare che il piano pandemico della Lombardia risaliva al 2010, significa che in 12 anni nessuno aveva messo mano agli aggiornamenti indispensabili, dato al veloce evolversi delle tecnologie, delle terapie e soprattutto l'incremento della circolazione di persone tra Stati e Continenti diversi.
In aprile 2020, a tre mesi dall'inizio dell'epidemia ufficiale i morti in Lombardia dichiarati dalla Protezione Civile sono oltre i 13mila. Cifra ripetutamente contestata dai sindaci lombardi che, con i riscontri anagrafici diretti, constatarono importanti differenze per difetto. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo dichiarò: “Dall'1 al 24 marzo i decessi solo nella città di Bergamo sono stati 446, 348 in più della media degli ultimi anni, mentre quelli ufficialmente deceduti per coronavirus sono solo 136, ci sono 212 morti in più che non vengono conteggiati, le stime della regione Lombardia sono inattendibili”. Il conteggio delle vittime non tiene conto di migliaia di Morti Fantasma.
RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI
Questo il capitolo più drammatico perché ha trasformato in lazzaretti le strutture dove i più fragili e indifesi dovevano godere del massimo della protezione, tra gli scandali il peggiore della gestione della pandemia in Lombardia. Le RSA sono parte del circuito di aziende convenzionate che non sono ospedali, sono strutture assistenziali o riabilitative. Ci sono medici e infermieri, ma non sono fornite degli strumenti diagnostici o terapeutici altri da quelli necessari al loro funzionamento.
8 marzo 2020: la Giunta della Regione Lombardia guidata da Attilio Fontana approva un documento che incoraggia il ricovero di pazienti Covid-19 in via di guarigione all'interno delle Residenze Sanitarie Assistenziali (luoghi di ricovero per anziani non autosufficienti, ma anche adulti disabili). Delibera no. XI/2906: “A fronte della necessità di liberare rapidamente posti letto di Terapia Intensiva e Sub Intensiva e in regime di ricovero ordinario degli ospedali per acuti, occorre mettere a disposizione del Sistema Regionale i posti letto delle “Cure extra ospedaliere”, cure intermedie intensive e estensive, posti letto in Rsa”.
Ancora in aprile, a due mesi di distanza dal Paziente 1, le RSA lamentavano la mancanza di tamponi e dispositivi di protezione, sia per il personale sanitario che per i pazienti, dato che la Regione aveva privilegiato i rifornimenti delle strutture ospedaliere. Il conteggio dei pazienti anziani deceduti per Covid è largamente sottostimato, dato che a lungo non si sono effettuati i tamponi, sebbene il tasso di mortalità si fosse impennato drammaticamente sin nei primi 40 giorni.
Il rapporto dell'Istituto superiore per la Sanità del 9 aprile 2020 indica chiaramente che la percentuale maggiore di decessi nelle RSA, sul totale dei decessi riportati, è stata registrata in Lombardia (47.2%), al secondo posto il Veneto con una percentuale di meno della metà (19.7%).
A tutt'oggi, febbraio 2023, non possiamo dire di avere la certezza dei numeri, molti anziani sono deceduti con sintomi equiparabili nei primi mesi senza che si sia effettuato il test, molte ATS non sono state limpide nelle comunicazioni. Ma i numeri sono statistiche, non sono persone. I numeri non contemplano la realtà di migliaia di anziani e disabili che non hanno potuto ricevere i parenti per mesi, isolati dal mondo e dagli affetti, soli nel momento della morte senza il conforto dei familiari.
Durante la fase di emergenza, il Governo aveva introdotto lo scudo penale per gli operatori sanitari, di logica certe inadempienze non avrebbero dovuto ricadere sulle loro teste, mentre il governo Draghi ha introdotto lo scudo penale in nome dell'emergenza per tutti, anche per i manager delle Rsa e degli ospedali.
MASCHERINE
E' di gennaio 2023 la notizia della sentenza che scagiona due imputati, ma si trasforma in un 'atto d'accusa contro la Regione Lombardia. Succede dopo l'assoluzione dall'accusa di frode di due imprenditori per aver ricevuto dalla centrale di pagamento di Regione Lombardia Aria 7 milioni di euro per oltre 2 milioni di mascherine e dispositivi mai arrivati nella fase acuta del Covid. Secondo il Tribunale di Milano, infatti, la Regione Lombardia non sarebbe stata vittima di una “truffa internazionale sulle mascherine”, come ai tempi Fontana e Gallera avevano voluto far credere, bensì autrice di una gestione del tutto disordinata e mossa dalla ricerca dell'immediato ritorno politico di immagine in una conferenza stampa. (la Repubblica)
Per il giudice la centrale acquisti avrebbe voluto arrivare subito al pagamento così da poter annunciare alla conferenza stampa quotidiana di Regione di essere riuscita a "procurarsi le mascherine anche più velocemente della Protezione Civile". Non ci sarebbe stato infatti alcun contratto scritto, ma solo alcuni scambi telefonici e su Whatsapp.
Perché Cric Fontana e Croc Gallera avevano così tanto bisogno di un recupero di immagine da gestire così malamente ordine e pagamento? Perché erano appena usciti dalla figuraccia delle mascherine mutanda, costate 8milioni di euro.
Con l'obbligatorietà delle mascherine per uscire di casa, le scorte nazionali e regionali si esaurirono velocemente, i primi a soffrire della mancanza dei dispositivi di protezione furono proprio gli ospedali. Per sopperire alla mancanza, alcune aziende riconvertirono la loro produzione. Per quanto riguarda la Lombardia, la Regione fece un ordine consistente ad un'azienda di Rho produttrice di pannolini, di mezzo ci fu anche lo studio del Politecnico di Milano. Il risultato furono le famose mascherine mutanda che impazzarono sul web scatenando l'ironia, ma soprattutto causarono la rabbia di medici e personale ospedaliero, che quelle mascherine le dovevano indossare ininterrottamente e per turno massacranti anche di 18 ore continue.
Qui la video inchiesta di Le Iene sulla situazione grave, ma non seria, delle mascherine mutande.
https://www.iene.mediaset.it/2020/news/coronavirus-mascherine-pannolino-lombardia_763789.shtml
Interessante l'Assessore all'ambiente Cattaneo in quota Lega che a fronte delle rimostranze dell'operatore chiede con fare intimidatorio “Lei in che ATS lavora?” e alla risposta “lavoro in una RSA” risponde “Ah, allora non è di competenza della Regione.” Peccato che nelle RSA la Regione avesse inviato malati di Covid per sovraffollamento degli ospedali, causando la trasmissione del virus ai pazienti più fragili e indifesi: anziani e disabili.
L'OSPEDALE DI BERTOLASO IN FIERA MILANO
Arriva Bertolaso a salvare la situazione. L'Astronave in Fiera, fortemente voluta da Bertolaso stesso sostenuto dalla Giunta Fontana, è costata 20milioni di donazioni private.
L'Astronave è rimasta di fatto una cattedrale nel deserto, data la mancanza degli amministratori di avere un quadro generale della situazione.
E' stata progettata per ospitare 600 degenti, ridotti poi a 400, infine a 200. In realtà non ha mai ospitato più di una cinquantina di degenti.
La mancanza di visione all'origine del fallimento si è rivelata essere il personale: medici, infermieri e operatori sociosanitari, già impegnati negli ospedali per fronteggiare l'epidemia con turni massacranti di 18 ore consecutive, colpiti dai tagli ai budget per il personale e ulteriormente ridotti di numero perchè infettati dal virus durante il servizio. Impossibile dislocarli dalle altre strutture.
Inoltre, il Covid-19 richiede un approccio multidisciplinare e specialisti diversi, mentre L'Astronave mancava di vari reparti e un raccordo limitati fra gli esistenti.
Secondo diversi esperti, ma onor del vero anche secondo il buon senso, i soldi potevano essere spesi per potenziare i posti letto in terapia intensiva e sub-intensiva di ospedali già funzionanti. La giunta Fontana non ha mai fatto un cenno di autocritica e ha continuato a sostenere L'Astronave come un successo, una stelletta da appuntare sul bavero.
I CAMICI DI FONTANA: DERAPATA IN CONTROSTERZO
Il 16 aprile 2020, la Regione Lombardia affida senza gara la fornitura di 75mila camici per 513mila euro alla società del cognato di Fontana, la Dama SpA, della quale anche la moglie di Fontana ha una piccola partecipazione del 10%.
A maggio la notizia diventa di dominio pubblico e la procura indaga Fontana per frode in pubbliche forniture, il Candide Fontana si difende dicendo che non era al corrente della decisione della Centrale acquisti di Lombardia e dei “rapporti negoziali” ed era inoltre ignaro di una questione che pone un evidente conflitto di interessi. Improvvisamente, per salvare capra e cavoli, i 50mila camici già consegnati diventano una “donazione”, mentre i rimanenti 25mila rimasti a Dama SpA vengono offerti in vendita ad altre strutture sanitarie private. Nel 2022 Fontana, la moglie, il cognato e un paio di dirigenti della Centrale acquisti sono stati prosciolti dall'accusa di frode in pubbliche forniture, la derapata in controsterzo della “donazione” è stata la salvezza.
TEST E VACCINI
Il caos. La Giunta Fontana prima minimizza l'importanza dei test sierologici, poi, di fronte all'evidenza, chiede ai cittadini di pagarseli per ben 62 euro. La disorganizzazione lascia migliaia di cittadini in attesa di informazioni, attaccati al telefono a cui non risponde nessuno, migliaia di persone lasciate senza diagnosi per settimane. Discrepanze tra le comunicazioni dei Medici di base e le Aziende sociosanitarie territoriali.
Arriviamo a dicembre 2021, è passato un anno e mezzo dall'inizio della pandemia e il Sole24h scrive: «Siamo molto preoccupati per la situazione dei tamponi e il malfunzionamento dei sistemi informatici», a Milano c’è «una situazione ingestibile, che si nota dalle lunghe file davanti alle farmacie». La denuncia arriva dall’ordine dei medici del capoluogo lombardo in una nota, pubblicata al termine di un incontro avvenuto in Regione, dopo le lamentele di numerosi medici di base per il malfunzionamento del portale Ats Milano per la prenotazione dei tamponi. Il tutto mentre oggi la Lombardia registra oggi 12.955 casi, un record dall’inizio della pandemia. Il presidente dell’Ordine, Roberto Carlo Rossi, ha spiegato che la Regione ha risolto parzialmente la situazione, autorizzando la richiesta del tampone con semplice foglio di ricettario o semplice e-mail del medico al paziente.”
Nel 2020, durante il primo inverno Covid, le Regioni hanno intuito che il vaccino antinfluenzale poteva essere decisivo riducendo drasticamente le polmoniti non conseguenti a Covid, alleggerendo quindi le strutture ospedaliere già impegnate dai malati Covid. Quindi ogni Regione ha ordinato con largo anticipo le forniture di vaccini antinfluenzali. La Regione Lombardia al contrario si muove con grave ritardo a causa di un filotto iniziale di tre bandi sbagliati imputabili ai vertici regionali e alla coppia Fontana-Gallera, andiamo dal conteggio sbagliato delle dosi alla base d'asta inferiore a quella dell'anno precedente. Arriviamo quindi ai primi di settembre 2020, con la gara per l'acquisto di 1,5milioni di vaccini antinfluenzali andata a vuoto. La campagna vaccinale antinfluenzale avrebbe dovuto iniziare a ottobre, secondo le indicazione del Ministero della salute, ma a novembre in Lombardia i vaccini antinfluenzali non erano ancora disponibili.
Prima dose vaccino antiCovid: a dicembre 2021 la Lombardia risultava essere l'ultima Regione per numero di vaccini antiCovid effettuati. Ancora un ritardo rispetto al resto del Paese, nei 65 hub regionali mancano le dosi a ridosso delle Festività natalizie. Gallera, assessore al Welfare confessa candidamente che i vaccini erano previsti in arrivo per il 4 gennaio 2022 e che quindi si era organizzato di conseguenza.
Oltre alla mancanza di vaccini, i cittadini scontano la cattiva della gestione della prenotazioni da parte del sistema informatico che è ripetutamente andato in tilt. Il sistema gestito da ARIA, società a capitale interamente pubblico istituita nel 2019, doveva occuparsi degli acquisti della pubblica amministrazione in Lombardia e alla quale è stato dato anche il compito di gestire le prenotazioni vaccini. Cittadini anziani residenti in prossimità di un hub vaccinale sotto casa mandati dall'altra parte della città, dosi disponibili di vaccini senza pazienti da vaccinare, persone a rischio ignorate dal sistema sono solo alcuni degli esempi tra i mille. Il sistema ha avuto un costo di 22milioni di euro, organizzazione che poteva essere affidata a costi ben diversi a Poste Italiane. Con l'arrivo di Moratti a sostituire Gallera i vertici della società sono stati azzerati, un giro di poltrone che non consola e non risarcisce i cittadini che hanno subito disguidi e ritardi.
Credits: Il Sole24h, TPI, Linkiesta, Il Fatto Quotidiano, Fanpage, Milanotoday