Nel seguente elenco sono indicati in ordine cronologico gli scandali relativi a concussione, corruzione, truffa, riciclaggio, etc. che riguardano la sanità convenzionata in Lombardia. A onor del vero alcune inchieste sono ancora in corso, altre si sono concluse con molte condanne e qualche assoluzione, alcuni processi si sono risolti per decorrenza dei termini. Un ginepraio di cui è difficile ricostruire il quadro, ma stiamo lavorando anche su quello.
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1993 – Siamo ai tempi di Tangentopoli quando i PM milanesi scoperchiarono il vaso di pandora che aprì le porte del carcere per molti nomi eccellenti tra i quali quello di Duilio Poggiolini, potentissimo direttore del Ministero della Sanità e presidente della Commissione per i farmaci dell'allora Comunità Europea. Poggiolini era al soldo delle case farmaceutiche. Anche la moglie era coinvolta negli illeciti.
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1995 – prima legislatura di Roberto Formigoni presidente della Regione Lombardia.
La Regione più colpita dal virus ha approvato la riforma del settore: dalle case della comunità agli ambulatori sociosanitari. Sono le strutture distribuite sul territorio da cui dovrebbe provare a ripartire la sanità lombarda, dopo le inadeguatezze rese palesi dalla pandemia che ha evidenziato tutti i problemi del sistema ospedalo-centrico ereditato da Formigoni e Maroni.
Ma secondo quanto sta emergendo più che di riforma, si tratta di una “non riforma” che lascia intatti i problemi esistenti, come la sempre maggiore rilevanza dei privati, col risultato di lunghe liste d’attesa per chi non può permettersi visite private e deve rivolgersi al pubblico. Questo "modo" di governare non ha origini molto lontane.
Restano ancora inspiegabili i perché. Renzi all'epoca presidente del Consiglio supportato dalla ministra della Salute Lorenzin concesse alla Lombardia unica Regione d’Italia di cancellare in un sol colpo le ASL e le Aziende Ospedaliere. Gli effetti di questo intervento scellerato si sono concretizzati appunto con la gestione del Covid dove la Regione Lombardia ha mostrato col numero dei morti una incapacità totale.
La morte di un uomo è una tragedia, la morte di milioni di persone una statistica.W. Churchill
Il 21 febbraio 2020 segna la data di inizio di un'emergenza sanitaria che ha sconvolto il nostro Paese. In un paesino in provincia di Lodi a 50Km da Milano viene individuato il primo paziente italiano portatore di coronavirus, si chiama Mattia e ha 38 anni, la storia dell'epidemia lo ricorderà come Paziente 1. Siamo ai tempi del governo Conte 2, che istituirà il 23 febbraio stesso la zona rossa intorno a Codogno, mettendo in quarantena 45mila persone che non potranno entrare o uscire dal perimetro.
La Regione Lombardia destina una quota importante di risorse finanziarie a operatori privati invece che alla sanità pubblica, ma non sempre la scelta comporta una maggiore efficienza del sistema. In ossequio al dettato costituzionale, il sistema sanitario italiano si caratterizza per la sua universalità, garantendo a tutti i cittadini l’accesso alle cure. Il servizio sanitario deve essere equo, cioè giusto e proporzionato, accessibile, cioè alla portata di tutte le fasce economiche, vicino, cioè capillare sul territorio. Caratteristiche che non trovano riscontro nell'attuale organizzazione del sistema sanitario lombardo che non è equo perché non risponde alle esigenze dei cittadini in termini di prevenzione e accesso alle cure, non è accessibile perché i servizi d'eccellenza sono erogati da strutture convenzionate che lasciano i pazienti a carico del servizio sanitario in lunghe liste d'attesa privilegiando i “clienti” che pagano, per finire non è vicino, perché grazie alla riforma della sanità in Lombardia di Letizia Moratti, si conferma ospedalocentrica, cioè concentrata nelle grandi strutture ospedaliere.
Il punto nevralgico del malservizio della sanità della Regione Lombardia sono le liste di attesa. Si possono aspettare mesi per una TAC per diagnosi di tumore, uno dei casi eclatanti quando il tempo può fare la differenza tra vivere, convivere e morire. Vivere, convivere e morire sono parole che hanno un peso terribile nella vita di un malato e della sua famiglia, sospesi nell'attesa.
La Regione Lombardia ha messo a disposizione il Centro Unico Prenotazioni che centro unico non è, dato che tutte le aziende sanitarie private convenzionate hanno agende ognuna a sé, sia per le prestazioni in regime sanitario nazionale o ticket, sia per quelle private. Quindi, nel caso si dovessero fare una serie di esami diagnostici per differenti problemi di salute alla ricerca delle date più prossime, si rischia di trovarsi in un circuito perverso di telefonate oppure ore spese in fila agli sportelli.
Ricevo la mail da una cittadina di
#cusano (MI), la pubblico esattamente com'è perché è lo stato dell'arte di come siamo messi oggi con le liste d'attesa del servizio sanitario della Regione Lombardia.
“Giovedì 12/01/2023 vado alla convenzionata I.R.C.C.S Multimedica di Sesto S.Giovanni per prendere appuntamenti per alcuni dei mille esami e visite specialistiche che devo fare a seguito dell’ischemia avuta a luglio 2022. Sono tutti relativi alla
ricerca delle cause ed eventuali terapie mirate, sono 6 mesi che sono in ballo, ho 60 anni e un'ischemia non è cosa da poco.
Ho 30 persone davanti in attesa di prenotazione tramite servizio sanitario regionale, mi siedo e mi armo di pazienza.
Nella comunicazione massmediale e nel giornalismo mainstream, c'è una certa tendenza a omettere, travisare, tacere. Le motivazioni sono spesso banali o nel caso d'interesse, ma soprattutto d'inconsapevole ignoranza. Nel merito del diritto parla « la Costituzione Italiana » che volendo leggerla la si trova tradotta in 20 lingue compresa quella Italiana.
L'ossessione di questi ultimi anni all'insegna del Covid, diventata quasi patologia e soprattutto gridata, è il “
diritto alla salute”. Spesso utilizzato soprattutto per giustificare o dar contro a
imposizioni vaccinali (come ad esempio l'obbligo vaccinale per i sanitari) o le
limitazioni della libertà di movimento (la zona arancione-gialla) e personale (zona rossa), o ancora costrizioni come le mascherine all’aperto, e tutto in relazione al virus del covid-19 o sue mutazioni.
Da qui una serie di ragionamenti "spinosi", "divisivi" e comunque ancora irrisolti e per ora nei cassetti del mainstream pronti ad essere rivisitati.