Moratti chiede i medici di base per le case di comunità. Ma non le aveva già inaugurate?
La Regione Lombardia destina una quota importante di risorse finanziarie a operatori privati invece che alla sanità pubblica, ma non sempre la scelta comporta una maggiore efficienza del sistema. In ossequio al dettato costituzionale, il sistema sanitario italiano si caratterizza per la sua universalità, garantendo a tutti i cittadini l’accesso alle cure. Il servizio sanitario deve essere equo, cioè giusto e proporzionato, accessibile, cioè alla portata di tutte le fasce economiche, vicino, cioè capillare sul territorio. Caratteristiche che non trovano riscontro nell'attuale organizzazione del sistema sanitario lombardo che non è equo perché non risponde alle esigenze dei cittadini in termini di prevenzione e accesso alle cure, non è accessibile perché i servizi d'eccellenza sono erogati da strutture convenzionate che lasciano i pazienti a carico del servizio sanitario in lunghe liste d'attesa privilegiando i “clienti” che pagano, per finire non è vicino, perché grazie alla riforma della sanità in Lombardia di Letizia Moratti, si conferma ospedalocentrica, cioè concentrata nelle grandi strutture ospedaliere.
La tutela della salute è la voce più importante dei bilanci regionali e assorbe il 76 per cento degli impegni di spesa nel rendiconto finanziario 2021 della Lombardia. Per tutto il periodo 2012-2021 (con l’eccezione del 2020 anno 1 della pandemia Covid), il 22 per cento della spesa sanitaria pubblica italiana è stata destinata a operatori privati, ma in Lombardia la quota è molto più alta, intorno al 30 per cento.
Ma veniamo alle case di comunità che Moratti assessore della Giunta Fontana ha inaugurato in pompa magna, salvo poi essere beccata in castagna perché non solo queste presunte case di comunità erano strutture già esistenti a cui era stata applicata una bella targhetta d'ottone nuova, ma erano vuote, erano per l'appunto solo dei contenitori con una targa.
Ora Moratti prende le distanze da se stessa, dalla sua riforma del 2015 e dalla giunta di cui fino a ieri faceva parte e sollecita il Ministro della salute a metter mano alla legge sui medici di medicina generale, presupposto per far partire le case di comunità. Moratti dichiara “io ho trovato [gennaio 2021, quando sostituì Gallera al Welfare] una situazione di una sanità territoriale che andava rafforzata. La Lombardia è un'eccellenza nella sanità ospedaliera, molto debole nella sanità territoriale. Io ho fatto approvare una legge con risorse certe e tempi certi che deve concludere il proprio percorso nel 2024”.
Per Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione medici di medicina generale, “l’obiettivo della dottoressa Moratti è di attuare una riforma della sanità della regione Lombardia assolutamente inattuabile perché parte dal presupposto sbagliato, ovvero dal tentativo di sottrarre i medici di medicina generale dai territori per concentrarli in grandi case vuote che non sa come riempire, cosa dimostrata anche dal sondaggio su più di 1600 Medici di medicina generale proposto dalla Simg che trova la quasi totalità contrari alla cosiddetta riforma Moratti. Preferiamo - prosegue Scotti - che il Ministro Schillaci abbia nel cassetto soluzioni figlie di un serio confronto con le parti e condivise nell'interesse del cittadino, piuttosto che disposizioni nate da necessità partitiche assolutamente incoerenti con le esigenze di evoluzione e riorganizzazione della medicina generale. Proposte quelle di Letizia Moratti chiaramente non sostenibili in un sistema che ancora sopravvive grazie alla dedizione e al sacrificio di una categoria, quella dei medici di famiglia, ridotta al lumicino in termini di risorse umane ed economiche”.
Aggiunge Scotti rispetto all'attenzione richiesta e alle proposte presentate: “non corrisponde l'atteggiamento attendista e ingessato delle Regioni che non sembrano pronte nemmeno a presentare l'atto di indirizzo necessario al rinnovo contrattuale 2019-2021, mantenendo la medicina generale in un alveo normativo superato e determinando l'inapplicabilità de facto di una riforma i cui contenuti, definiti dal PNRR, non trovano né fondamento contrattuale né risorse indispensabili per la loro realizzazione”.
Credits: Lavoce.info, quotidianosanità.it