San Siro

San Siro non è sempre stato uno stadio. Prima era un gruppetto di case sulla via da Milano verso Novara. Poche cascine a tiro delle campane della chiesa di san Siro alla Vepra. La Vepra è un affluente della Vettabbia, che un tempo allagava (in buona compagnia) Milano. Oggi della Vepra non rimane traccia (visibile) e il villaggio è diventato un quartiere: San Siro.

Che vuol dire stadio, ippodromo, ville molto belle, cottages in stile inglese con stalle per galoppatori e trottatori e case popolari che quando ci sono i concerti allo stadio non si riesce a dormire. Della chiesa di un tempo è rimasta solo l’abside: la parte anteriore sembra entrata in una costruzione degli anni Trenta come un treno in una galleria. Dunque “stadio di San Siro” vuol dire lo stadio che si trova nel quartiere omonimo. Di questi tempi vuol dire anche altro: soldi, forse corruzione e finanza globalizzata e nella cronaca ci sono tanti attori.

 Ad esempio c'è la Lega a Sesto San Giovanni

sesto area falk1Più di qualcuno si è chiesto a cosa corrispondesse la proposta del programma di realizzare un nuovo stadio a Sesto San Giovanni e di cui il sindaco Roberto Di Stefano (Lega), se ne prende merito.

Si sa che a Sesto è presente l'impianto sportivo Stadio Ernesto Breda, terreno degli incontri in casa della squadra calcistica della Pro Sesto 1913, della squadra di calcio femminile dell'Inter e dei Seamen Milano, squadra di football americano. Nella stagione 2022-2023 ospita anche transitoriamente le partite casalinghe del Sangiuliano City, che è in attesa dell'approntamento di un proprio campo.

La struttura sportiva è stata edificata nel 1939 ed era di proprietà delle industrie Breda. Con l'acquisizione di tutte le aree agricole a nord del capoluogo lombardo da parte dell'ente Parco Nord Milano anche lo stadio è entrato a far parte del consorzio. Come altri casi di edifici per residenza e servizi del patrimonio sestese, lo stadio venne realizzato a favore della comunità operaia nell'ambito di un contesto urbano-industriale che beneficiava dell'influenza del modello urbanistico "paternalista" promosso da l'imprenditoria milanese.
Lo stadio oggi può contenere circa 4.500 spettatori. Il terreno di gioco è delimitato da una rete metallica protettiva ed è circondato da tre tribune, di cui solo una dotata di copertura. Il lato privo delle tribune termina a semiciclo e costituisce una zona extra di allenamento. All'interno delle tribune sono ospitati tutti gli spazi complementari al campo: bagni, spogliatoi, depositi. I posti a sedere sono così suddivisi: 1600 tribuna centrale, laterale e stampa e 2900 curva e distinti.

La legge sugli stadi è chiara : si può fare un nuovo stadio SE non è ristrutturabile quello esistente.
Di certo non è ristrutturabile per chi intende promuovere un progetto che sottrarrebbe la casa del Milan a Milano.
Solo il Milan e non una casa condivisa con l’Inter, perché questa alternativa, almeno al momento, è al vaglio solo della società rossonera, con la nuova proprietà Redbird Capital Partners convinta, almeno quanto la precedente, della necessità di un nuovo stadio. L’interlocutore è Hines, il gruppo di sviluppo immobiliare che gestisce l’area delle ex acciaierie Falck (nella foto in alto), il sito deputato a ospitare, nel caso, l’impianto. Da quanto è emerso durante la campagna elettorale di Sesto, per il progetto è stato contattato sir Norman Foster, l’archistar del nuovo Wembley, già sul pezzo, avendo ridisegnato la macroarea e dunque perfettamente a conoscenza dell’archeologia industriale del sito.

Arrivano gli investitori stranieri ed ecco un progettino audace nella sua semplicità. Lo chiameremo il piano B del Milan.
Consiste nel mettere in concorrenza i due comuni di Milano e Sesto San Giovanni con un fantastico piano di economia da bar sport.
La proposta per Milano è già nota e ufficializzata. Darebbero al Comune 2 milioni all'anno di affitto per 90 anni. E qui c'è già puzza di bruciato che consiste in un ammanco per le casse comunali milanesi di 720 milioni, già perché oggi i milioni sono dieci  all'anno.
Poi qualcuno dovrà pur fare i conti con i diritti sul nome 'San Siro" che oggi valgono 13,8 milioni all'anno! E quanto fa questa cifra per 90 anni?  1,242 miliardi.
La proposta sussurata a Roberto Di Stefano è diventata un boato assordante, uno dei tanti tormentoni della sua campagna elettorale per le amministrative. Fans e sodali cantano a scuarciagola "chi non salta interista è, è!" parafrasando un noto coro da curva oltranzista. 
Calcolatrici e Copywriter sono già al lavoro. Qualche suggerimento ?
”Lo stadio si chiamerà Sesto San Giovanni, o anche solo San Giovanni, ma è possibile anche Pro Sesto che è evocativo e così lo trasferiamo al mondo che ci porterà anche un utile e sicuro flusso turistico.", ragionano dopo il brief col sindaco Di Stefano.
 
Ora si tratta di trovare i soldi, non certo per ristrutturare l'Ernesto Breda. Al futuro stadio ed ai servizi da associare ci pensa Sir Foster, e qualche impresa opportunamente prescelta.
Ma i soldi chi li caccia ? Certo le banche finanzieranno, data la specchiata integrità sulla proprietà dei proponenti, ma guarda caso su un'area che è dei cittadini, di tutti i cittadini sestesi.
Un'area sulla quale, per altro, era in corso una riqualificazione con destinazione ad uso parco.
Ed ora si scopriranno nuove opzioni di cementificazione per un nuovo tempio, ma diversamente religioso e più calato nel sociale, quello del calcio.
Scusate ma ancora risuonano i passaggi retorici del "FATTO", come le aree sportive e la piscina, le crociate a difesa della razza e quant'altro.
 
L'urbanizzazione ? Sarà pagata come ovvio da aumenti dei biglietti trasporti, aumento Tari... ecc ecc , già perché i soldi non si raccolgono proprio sugli alberi, ed i costi d'urbanizzazione dovranno comunque saltar fuori.
Per la sorte della Pro Sesto e del suo presidente Gabriele Albertini ? "Beh staremo a vedere", avrà fuggevolmente pensato il sindaco Di Stefano, ma per ora non si spinge oltre.
 
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neoliberismo, economia, bene comune, commento

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