MILANO, da città con il cuore in mano a città attrattiva

Mi piacerebbe riflettere sulla parola "attrattiva", parola  che ha sostituito la definizione che dal dopoguerra fino agli anni '80 definiva Milano. Milano una volta non era attrattiva, era la città cunt el coer in man (con il cuore in mano), la città che accoglieva, dava lavoro e opportunità per una vita migliore. Milano è stata la città del riscatto per intere generazioni dal dopoguerra fino a un passato recente in termini di storia, ma che sembra lontano millenni dalla Milano di oggi.
 
Facciamo un passo indietro della lunghezza di un paragrafo per orientarci nella storia recente. Alla fine degli anni '70, con la seconda crisi del petrolio, la situazione economica del cosiddetto Primo Mondo aveva accumulato diversi elementi critici da un punto di vista capitalistico: crisi di sovrapproduzione, crescita dei salari e calo dei profitti, incertezza nei valori delle monete, inflazione. Il punto di svolta è nel triennio 1979-1982 che rompe gli equilibri del precedente trentennio della ricostruzione, quello del boom economico nel quale lo Stato era regista e attore.
In questo triennio, con la venuta di Margareth Tatcher in Gran Bretagna e di Ronald Regan negli Stati Uniti - fautori assoluti della proprietà privata vs. la cosa pubblica - le risposte della politica a questo stato di cose cambiarono e diventarono deregolamentazione del mercato secondo gli assunti del neoliberismo.
Se prima di allora ogni Stato monitorava gli spostamenti di capitali finanziari e bancari ponendo grossi limiti alla movimentazione, soprattutto verso altri Stati, per affrontare questa nuova crisi si abbatterono i vincoli statali (cominciarono gli USA) per permettere di investire i capitali laddove ci fosse maggiore  occasione di profitto.

Cosa c'entra quanto sopra con l'attrattività di Milano? 

Ci arriviamo subito. Data quindi la possibilità di investire i capitali dove era più conveniente, a partire dal triennio 1979/1982 sono state dismesse le grandi fabbriche milanesi e la produzione spostata  verso lidi dove il costo del lavoro era irrisorio, le garanzie sindacali nulle, la sicurezza inesistente, le tasse minime. Nella narrazione degli anni '80 e '90 Milano è diventata la città della moda, degli eventi e dei servizi, la "Milano da Bere", fino all'ultima e definitiva svolta: la città "attrattiva", ma in primo luogo per gli investitori. boscoverticale

Dalla giunta Albertini nel '97 senza soluzione di continuità fino a Sala, Milano si è dedicata ad attrarre capitali che sono arrivati per mezzo dell'immobiliarismo, che investe in immobili di lusso e prestigio, con il massimo del profitto e attrae quindi le fasce più ricche ed esclusive della popolazione, persone che vogliono vivere quindi in modo esclusivo nelle Ztl. Queste élite non hanno certo bisogno di servizi altri che la protezione dei loro privilegi, non hanno bisogno della sanità pubblica, dei treni in orario, dei mezzi pubblici efficienti, hanno bisogno solo di luoghi esclusivi per lo shopping e per la spesa, di avere a disposizione occasioni di svago o cultura anch'essi esclusivi, dove non rischiano di mischiarsi alle classi sociali inferiori. Non hanno bisogno di abitrare la città nel fine settimana perché vanno a sciare, o al mare, o nelle seconde o terze case. 

In questa nuova Milano non c'è spazio per tutti, si chiama "gentrificazione", anche se a questo neologismo andrebbe sostituito con la cruda verità della parola "medievalizzazione". Nel medioevo, le città erano circondate da mura al cui interno stavano i ricchi, i potenti e i commercianti benestanti, mentre fuori le mura i servi della gleba. I servi della gleba di oggi sono quelle categorie di lavoratori indispensabili al benessere delle Ztl, i fattorini, le badanti, le colf, i portieri, i commessi e via discorrendo. 

Milano è diventata una città dei tempi brevi, del turismo ricco che va e viene, di chi ha una casa e ci viene per il Salone del Mobile o la Settimana della Moda, di chi la abita per tempi brevi come gli studenti delle Università. Milano non è più la città dei lavoratori, non se la possono permettere, spesso devono portarsi il pranzo da casa e fanno anche loro parte dei tempi brevi, ci entrano la mattina per lavorare e ne escono la sera.

Ogni quartiere della città limitrofo alle Ztl, o ben servito, o con immobili di pregio, ricco di verde, con buone scuole è oggetto di attenzione per il mercato immobiliare che lo ridefinisce nel giro di meno di un decennio. Fioriscono le agenzie immobiliari e improvvisamente i prezzi al mq schizzano verso l'alto, di conseguenza gli affitti e i prezzi al dettaglio nei negozi e se ne vanno le categorie socioeconomiche più fragili, il Comune improvvisamente investe in "riqualificazione".
La parola "riqualificazione" fa paura, perché sottintende la creazione di una nuova zona esclusiva. L'abbiamo visto in zona Garibaldi, a NoLo e lo stanno facendo tra Via Padova e Precotto: da questa zona in 20 minuti sei in Piazza del Duomo, in 10 in Corso Buenos Aires, 4 scuole di pregio sono a portata di mano (Quintino di Vona, Trotter e le due Scuole Steineriane), le Università sono a due passi. Ci sono 3 polmoni verdi importanti: il parco della Martesana, parco Forlanini e Parco Lambro. In 10' minuti sei sulle direttrici autostradali, l'aeroporto, Stazione Centrale e di Lambrate raggiungibili tra i 10 e i 20 minuti. E' una zona troppo interessante per gli immobiliaristi per lasciarla agli abitanti storici o alle comunità di lavoratori,   

Sulla spinta del neoliberismo isterico Milano non ha più tempo per essere la città del "coeur in mano", è diventata la città dei "danée" (soldi), se ce li hai bene, altrimenti foeura di ball

 

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memoria, economia, gentrificazione, gestione pubblica

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