Mi è capitato di rileggere recentemente un articolo di Elisabetta Teghilapparso qualche anno fa e che mi era sembrato raccontasse la realtà in modo distopico, ma riletto oggi alla luce di quanto ci succede intorno, mi sembra cominci ad aderire alla realtà. In sintesi è raccontato che l’essere umano così come noi lo conosciamo diventa superfluo.
San Siro non è sempre stato uno stadio. Prima era un gruppetto di case sulla via da Milano verso Novara. Poche cascine a tiro delle campane della chiesa di san Siro alla Vepra. La Vepra è un affluente della Vettabbia, che un tempo allagava (in buona compagnia) Milano. Oggi della Vepra non rimane traccia (visibile) e il villaggio è diventato un quartiere: San Siro.
Che vuol dire stadio, ippodromo, ville molto belle, cottages in stile inglese con stalle per galoppatori e trottatori e case popolari che quando ci sono i concerti allo stadio non si riesce a dormire. Della chiesa di un tempo è rimasta solo l’abside: la parte anteriore sembra entrata in una costruzione degli anni Trenta come un treno in una galleria. Dunque “stadio di San Siro” vuol dire lo stadio che si trova nel quartiere omonimo. Di questi tempi vuol dire anche altro: soldi, forse corruzione e finanza globalizzata e nella cronaca ci sono tanti attori.
Nel suo ultimo saggio il sociologo francese Éric Fassin sostiene che per dare nuova linfa alla sinistra non si deve puntare sul populismo ma attingere alle fila dell’astensionismo e critica senza mezzi termini la “sinistra socialdemocratica”, che tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila è stata al governo di molti Paesi europei.