Veramente ragazzi di diritto a curarsi si tratta !

Nella comunicazione massmediale e nel giornalismo mainstream, c'è una certa tendenza a omettere, travisare, tacere. Le motivazioni sono spesso banali o nel caso d'interesse, ma soprattutto d'inconsapevole ignoranza. Nel merito del diritto parla « la Costituzione Italiana » che volendo leggerla la si trova tradotta in 20 lingue compresa quella Italiana.

PopArt coverL'ossessione di questi ultimi anni all'insegna del Covid, diventata quasi patologia e soprattutto gridata, è il “diritto alla salute”. Spesso utilizzato soprattutto per giustificare o dar contro a imposizioni vaccinali (come ad esempio l'obbligo vaccinale per i sanitari) o le limitazioni della libertà di movimento (la zona arancione-gialla) e personale (zona rossa), o ancora costrizioni come le mascherine all’aperto, e tutto in relazione al virus del covid-19 o sue mutazioni.
Da qui una serie di ragionamenti "spinosi", "divisivi" e comunque ancora irrisolti e per ora nei cassetti del mainstream pronti ad essere rivisitati.
Il diritto alla salute, secondo l'attuale ed infelice narrativa, prevarrebbe sugli altri diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto di movimento e personale, e il diritto al lavoro. E non è un caso, che proprio per questa ragione, riescano a trovare giustificazione le limitazioni e le imposizioni di cui sopra innescando una spirale gratuita ed in alcuni casi pericolosa nell'immaginario collettivo.
 
Ma dobbiamo farcene una ragione non funziona proprio così e non a caso il governo italiano non arriva ad imporre in modo definitivo l'obbligo vaccinale, lmeno nel caso del COVID19.
Ammesso esista questo fantomatico diritto alla salute, e che sia contemplato dalla Costituzione, è chiaro che esso non deve prevalere rispetto agli altri diritti di fatto sanciti e presenti nella Carta. Al massimo può e deve essere contemperato e bilanciato.
Ma la verità è che il “diritto alla salute” non è un diritto autonomo, cioè non esiste come diritto a sé, da contemperare e bilanciare con gli altri diritti, ma è una semplice aspettativa, o se vogliamo, una componente dei (veri) diritti codificati nella Costituzione.
 
In altre parole, il diritto alla salute è un elemento che, al massimo, potrebbe contribuire a definire il contenuto di questi ultimi, ben chiariti dai nostri "padri fondatori": libertà personale, libertà di movimento e diritto al lavoro.
Proprio ed anche perchè non ci può essere effettivo e reale godimento di questi diritti se manca la salute, ma altrettanto non vi può essere salute qualora manchi il godimento di questi diritti.
E’ chiaro infatti che una persona disoccupata (o alla quale viene impedito di lavorare) avrà maggiori occasioni di ammalarsi, di non curarsi, di non godere della salute fisica e psichica.
Così come una persona obbligata a restare in casa, che non può muoversi, che è costretta in uno spazio limitato o è sottoposta ad angherie burocratiche per potersi muovere, finirà con l’ammalarsi, anche solo nella mente, per queste limitazioni. 
La salute, in questi casi, viene meno, perché viene meno il diritto del quale è elemento definitorio.
 

Così, il diritto alla salute, non essendo un vero diritto, è in realtà l'elemento che contribuisce a sostanziare gli altri diritti summenzionati, ai quali si aggiunge quello di curarsi. E questo sì che è un diritto costituzionale, perché è definito all’art. 32 della Costituzione.

Ma però attenzione! Molti, leggendo la norma in questione, cadono puntualmente nell’equivoco terminologico.

Infatti, il precetto costituzionale parla di “diritto alla salute”, là dove afferma che «la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo». Ma il fondamentale diritto dell’individuo nella norma non è la salute ex sé, ma è la tutela della salute che si concretizza, in primis, nel diritto di curarsi. In altre parole, la tutela della salute, quale effettivo diritto dell’individuo, è tanto concreta quanto è concreto il suo diritto di curarsi (cfr. art. 2, 3 e 4 Cost.). Ed è altresì concreta, quanto è concreto il godimento degli altri diritti costituzionali di cui si è parlato sopra.

Precisamente, dunque, è diritto costituzionale dell’individuo non già la salute in sé (che è un po’ come il diritto alla felicità: evanescente e indefinito), ma il dovere dello Stato di tutelarla. E la tutela non può che concretizzarsi primariamente tramite il pieno accesso alle cure. Ecco perché il diritto costituzionale codificato nell’art. 32 non è il fantomatico “diritto alla salute”, quanto il “diritto di curarsi”, al quale si aggiunge il diritto di rifiutare tutti quei trattamenti che potrebbero mettere in pericolo la propria integrità psico-fisica.

Qualcuno ora però potrebbe dire: se il diritto costituzionale è la tutela della salute, sicché è dovere dello Stato fare tutto ciò che è necessario per tutelarla, allora le varie misure adottate per limitare i contagi del covid-19 sono giustificabili, così come è giustificabile l’imposizione dei vaccini (almeno per certe categorie di soggetti). Del resto, anche la prevenzione rientra nella tutela della salute.

Non proprio. La prevenzione (si pensi alle norme anti-infortunistiche o quelle sulle frodi alimentari) è tanto legittima quanto è pieno il godimento dei diritti costituzionali fondamentali citati. In altri termini, il dovere di tutela della salute dei cittadini, posto in capo alla Repubblica, non si può spingere fino al punto di limitare questi diritti costituzionalmente protetti con la scusa della prevenzione. Perché altrimenti, in nome della tutela della salute, si potrebbero sospendere del tutto questi diritti costituzionali o addirittura l’intera Costituzione. Ma nella nostra carta non v’è scritto da nessuna parte che questa possibilità possa essere considerata legittima. Anzi, esistono norme che suggeriscono l’esatto contrario. L’art. 16, per esempio, afferma che per ragioni sanitarie può essere limitato l’accesso a una parte del territorio. Questo dimostra che non è previsto che lo Stato possa limitare generalmente la libertà di movimento e peggio quella personale (quest’ultima solo con provvedimento del giudice). Stabilisce solo che per legge sarà possibile impedire che i cittadini accedano a determinate parti del territorio. E questo territorio non può certamente essere l’intero territorio italiano. 

Riassumendo, non esiste il diritto alla salute (non più di quanto possa esistere il diritto alla felicità). Esiste il diritto alla tutela della salute. Ed è dovere dello Stato realizzare questa tutela nell’unico modo costituzionalmente possibile: garantendo che tutti i cittadini accedano alle cure senza discriminazioni, soprattutto in base alle proprie sostanze economiche.

E come ciò possa essere realizzato, è chiaro: garantendo il pieno godimento dei diritti costituzionalmente protetti, come il diritto al lavoro, il diritto di movimento e il diritto alla libertà personale che realizzano l’uguaglianza sostanziale ex-art. 3. Non può esserci perciò salute senza che si possa godere di questi diritti.
Qualora si dica il contrario, si va fuori strada e i relativi provvedimenti non saranno mai conformi alla Costituzione.

Quanto alla prevenzione, seppure anch’essa rientri astrattamente nell’alveo del dovere dello Stato di tutelare la salute ai sensi dell’art. 32, primo comma,  essa è tanto legittima quanto i relativi provvedimenti non vadano a comprimere indebitamente gli altri diritti costituzionalmente protetti, come la libertà di movimento, la libertà personale, il diritto al lavoro e il diritto all’integrità psico-fisica e il pieno accesso alle cure. Diversamente, qualsiasi politica sanitaria di prevenzione sarebbe del tutto illegittima, perché fuori dal seminato costituzionale.

Infine, il TSO acronimo del famigerato trarramento sanitario obbligatorio. Per quanto esso sia previsto dalla nostra Carta Costuzionale (comma 2, art. 32), e deve essere considerato un trattamento ad personam, cioè un provvedimento basato su elementi concreti e personali, posti al vaglio di un giudice sulla base di una norma di legge, in conformità all’art. 2 della Costituzione, ne è conferma la legge n.833 del 23 Dicembre 1978 . Non può essere un provvedimento generale e astratto, destinato cioè a un’indefinita collettività di persone, imposto senza il filtro di una preventiva valutazione giurisdizionale e tecnica, basata sul caso concreto. 

Per meglio capirsi. Il TSO è un atto composito, di tipo medico e giuridico, che consente l'effettuazione di determinati accertamenti e terapie ad un soggetto affetto da malattia mentale che, anche se in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, rifiuti il trattamento (solitamente per mancanza di consapevolezza di malattia). 

Il T.S.O. può essere richiesto da colui che è sottoposto al trattamento, il Pubblico Ministero o chiunque vi abbia interesse.
Per richiedere, invece, l’opposizione contro i T.S.O., può agire qualsiasi persona interessatacongiunto o estraneo, chiedendo al Sindaco la revoca o la modifica del provvedimento.
 
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diritto, sanità, riferimenti normativi, Covid

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